27 febbraio 2006

Torino? S'è desta

di UMBERTO ZAPELLONI

Ormai si è trasformata in una piacevole abitudine. L’inno di Mameli è diventato la colonna sonora delle cerimonie di chiusura dei Giochi Olimpici. A Torino come ad Atene. Giorgio Di Centa come Stefano Baldini. L’oro dei maratoneti è sempre italiano e l’Olimpiade invernale se ne va così come se n’era andata quella estiva: con un tricolore che sale più in alto delle altre bandiere. C’è ancora tanta Italia in coda ai XX Giochi Invernali. Cinque medaglie d’oro e sei di bronzo sono un bilancio migliore di quello messo in preventivo da Gianni Petrucci e da Raffaele Pagnozzi.
E anche se sono mancate le medaglie dello sci alpino, il bottino va ritenuto soddisfacente. A Salt Lake City nel 2002, a Lillehammer nel 1994, a Albertville nel 1992 avevamo vinto di più. Complessivamente. Perché in quanto a medaglie d’oro soltanto nel 1994 stavamo meglio (7). «Cinque ori dicono che è stato un successo e questo è merito dei tecnici e dell’organizzazione delle federazioni. Attraverso lo sport l’Italia è nel mondo», ha commentato il presidente del Coni. L’Italia dello sport funziona. Il messaggio è chiaro e non è elettorale. È un messaggio basato su dati di fatto, sui risultati raccolti contro nazioni che investono anche più di noi. C’è più ghiaccio che neve nel nostro medagliere, ma la medaglia più preziosa è probabilmente quella conquistata da Torino. I Giochi sono riusciti bene. Sono piaciuti ai torinesi, agli italiani, ma anche agli stranieri. Per due settimane si è parlato di un’Italia efficiente e allegra, organizzata e puntuale. Un po’ di sollievo, anche se adesso si tornerà a parlare di scioperi, di ritardi, di aerei e treni bloccati. L’Italia dello sport ha vinto la sua Olimpiade. E anche chi ne è uscito male, con la faccia nella neve come Giorgio Rocca, o nel ghiaccio come Carolina Kostner, ha avuto il coraggio di non cercare scuse, assumendosi tutte le responsabilità. Un comportamento da campioni, due esempi per chi in altri sport più ricchi cerca sempre un colpevole diverso da se stesso, dalle sue scelte. Anche questa è un’eredità olimpica. Come l’allegria che ha travolto Torino. Da tenere nel cuore e nella mente. Un’Olimpiade che se ne va è come un’avventura che finisce, una parentesi della tua vita che si chiude. Senti un groppo in gola, le lacrime che scendono. Ma poi guardi avanti. Vedi altri traguardi. Nuove aspettative travolgono la malinconia. Se l’Italia è quella di Torino e dei suoi Giochi c’è davvero la speranza che in futuro si possa vivere non soltanto di ricordi.
27 febbraio 2006

11 febbraio 2006

Una nuova Torino

Sono di Torino e ne sono fiero.
Le olimpiadi sono finite e Torino ha davvero giocato le sue carte migliori, gli stranieri si sono innamorati della città e i torinesi si sono scoperti più torinesi.
Sono contento che tutto questo sia successo a casa mia. Lo spirito olimpico ha cambiato le persone come al solito, per 20 giorni torino è stata abitata da persone di tutto il mondo, persone che si sono ritrovate qui per condividere un evento, per conoscere altre persone per rendere più bella Torino.

Bravi tutti, brava Torino, bravi torinesi e bravissimi gli atleti. Sono davvero contento, e anche un po' malinconico: speriamo che lo spirito olimpico rimanga in città ancora a lungo.

MI ha colpito anche come lo spirito olimpico abbia messo a tacere quelli del no TAV o no olimpiadi... forse avranno semplicemente aperto gli occhi e per una volta avranno smesso di lamentarsi.

Per i non torinesi vi consiglio questo blog di Eva Russo, fotografa italo americana cresciuta a Torino; in queste foto si respire l'olympic mood! Eva Russo

Grazie Torino.